
Il nostro corpo si è sviluppato per muoversi ed uno dei più evidenti problemi odierni risiede nell’immobilità a cui lo stile di vita di oggi ci obbliga, portandoci a provare il mal di schiena.
A differenza delle canoniche otto ore lavorative sedentarie a cui siamo abituati, infatti, i nostri predecessori erano impegnati quotidianamente in attività basate sul movimento, ovvero: camminare, chinarsi, arrampicarsi, correre, sollevare, trasportare e così via. In definitiva, l’assenza di movimento era limitata e circoscritta al riposo per recuperare le energie spese nelle attività quotidiane.
L’immobilità fisica con cui la nostra specie sta venendo recentemente a conoscenza – rispetto ad un’evoluzione durata migliaia di anni – per i cacciatori, i raccoglitori o i contadini di sussistenza non sarebbe costata semplicemente un mal di schiena, bensì la morte.
L’evoluzione del nostro corpo, quindi, ci ha permesso attraverso il movimento, di sopravvivere. Come ha scritto Daniel E. Lieberman, “in una prospettiva evoluzionistica la poltrona è inusuale” (Lieberman, 2014). O perlomeno, specifica l’autore, è inusuale l’arco di tempo giornaliero in cui costringiamo il nostro corpo seduto o disteso. Ancora, secondo Antonio Parolisi, “più le persone sono comode, più, soffrono di mal di schiena” (Parolisi, 2020). Da qui si determinano almeno due tipologie di problematiche: il disequilibrio energetico e l’atrofia muscolare.
In merito a quest’ultima si osserva come la sedentarietà causi una scarsa attivazione ed un precoce affaticamento della muscolatura profonda della colonna (Roncari, 2020), a riprova del continuo adattamento della struttura corpo in base all’ambiente che lo circonda e agli stimoli a cui lo sottoponiamo.
In altre parole, stando molto tempo inattivi, il sistema nervoso centrale “disattiva” le strutture del corpo che non servono ad affrontare la quotidianità ed il movimento come i muscoli della schiena e dell’anca. Sprofondare in una poltrona richiede meno sforzo muscolare rispetto a stare seduti dritti, ad esempio. I muscoli quindi si deteriorano perdendo fibra muscolare. Da qui, probabilmente, quando sottoponiamo la nostra colonna a movimenti “inusuali”, si verificano stiramenti muscolari, lesioni ai legamenti, e così via.
Un’intelligenza strutturale del nostro corpo, quindi, che fa fronte all’immobilità ottusa della società del benessere.
Utilizzando la definizione di Lieberman, siamo in presenza di un mismatch, un conflitto tra la funzionalità per cui il nostro corpo si è evoluto e l’utilizzo che oggi ne facciamo ed è questo uno dei motivi per cui almeno l’80% degli adulti soffre cronicamente di dolore alla bassa schiena, di lombalgia.
La lombalgia cronica e aspecifica (senza una causa conclamata), che quindi coinvolge la bassa schiena in modo diffuso, è una delle cause di infermità più comuni e costa ai diversi sistemi sanitari miliardi di dollari l’anno (Lieberman, 2014).
Sebbene il mal di schiena cronico (i cui sintomi persistono per più di tre mesi o si presentano in forma ricorrete nel tempo) sia ad oggi un campo di studio aperto, sappiamo che la sua origine è una combinazione di fattori diversi – biologici, cognitivi/comportamentali, emotivi e motori – e inoltre sembra che l’unica e vera raccomandazione per chi soffre di dolore alla schiena sia il movimento (Roncari, 2020), rieducando così il corpo alla funzione per cui si è evoluto.
Come affrontare il problema del mal di schiena attraverso il movimento.
Come afferma Andrea Roncari, la rieducazione al movimento nel trattamento della lombalgia cronica e aspecifica può essere una valida alternativa alla medicalizzazione che, attraverso immagini diagnostiche, il più delle volte relega il paziente ad uno stato di infermità fisica e psicologica: il movimento, in tal caso, diventa la fonte del problema, non la soluzione.
In altre parole, attraverso una risonanza o delle lastre, vi è la probabilità di evidenziare strutture alterate – dischi intervertebrali, legamenti, articolazioni – le quali possono essere state la causa dell’insorgere del mal di schiena, ma non è detto che siano ancora responsabili di un dolore che dalla sua origine si è protratto nei mesi o negli anni, in quanto è vero che le stesse strutture alterate si possono anche trovare in soggetti privi di dolore (Roncari, 2020). Il paziente allora farà affidamento alla risonanza per giustificare la sua paura a muoversi, alimentando così un circolo vizioso che fisserà il suo dolore e la sua paura nel tempo.
In realtà, andando oltre la risonanza, il dolore non è più associato ad un reale danno strutturale ma da un quadro di ipersensibilizzazione dell’area colpita, un processo che altera la capacità di elaborare gli stimoli provenienti dalla schiena, amplificandone gli effetti (Roncari, 2020).
Quindi, per raggiungere l’obiettivo di superare una condizione di dolore cronico e aspecifico alla schiena, si dovrà prima di tutto spostare il focus dalla lastra e dalla risonanza allo stile di vita del paziente, in modo che venga spezzato il circolo vizioso della sedentarietà.
In linea con un’ottica del corpo funzionale al movimento, Novigea, attraverso i suoi professionisti, offre la possibilità di riscoprire le proprie capacità fisiche volte a prevenire o a riabilitare stili di vita e schemi motori errati, responsabili dei dolori che minano la qualità della nostra vita, come la lombalgia.
FONTI
Liberman Daniel E., La storia del corpo umano. Evoluzione, salute, malattia, Codice Edizioni, 2014
Parolisi Antonio, Il fitness delle illusioni. Tra postura, cibo ed emozioni, Il mio primo libro, 2020
Roncari Andrea, Fitness posturale. Valutazione, postura e dolore Vol. 2, IGB GROUP S.r.l., 2020