
L’aumentata consapevolezza degli effetti nocivi del grasso in eccesso e la voglia di piacersi di più per stare meglio con sé stessi, portano sempre più persone a decidere di liberarsi dei chili di troppo, a vantaggio di un maggior benessere fisico e psicologico. In questo scenario la chirurgia plastica ha un ruolo ben preciso e non deve essere frainteso.
Cominciamo con l’affermare che per ottenere una sana riduzione del peso corporeo e il mantenimento del proprio peso ideale molto spesso sono sufficienti una dieta sana ed equilibrata e il costante esercizio fisico. Nei soggetti obesi, con BMI>30, queste buone abitudini possono non essere sufficienti, seppur indispensabili, e per ridurre il rischio di complicanze cardiovascolari e metaboliche nonché la mortalità ad esse correlata, è possibile, in casi specifici, ricorrere alla chirurgia bariatrica. Questo tipo di chirurgia prevede vari interventi (la sleeve gastrectomy e il bypass gastrico i più frequenti) che permettono di raggiungere perdite di peso importanti e durature agendo direttamente sul tubo digerente e sulla quantità di calorie introdotte e/o assorbite.
È doveroso, dunque, fare una distinzione tra chirurgia plastica e chirurgia bariatrica, poiché la prima non cura l’obesità e non si sostituisce alla seconda, ma, anzi, ne rappresenta un valido alleato nel trattamento degli esiti che questa chirurgia lascia sulla pelle. La chirurgia plastica rimodella, definisce ma non serve per dimagrire.
Con l’intervento di liposuzione, o lipoaspirazione, è possibile ridurre quelle adiposità localizzate come la fastidiosa pancetta, le amate e odiate maniglie dell’amore, un seno maschile troppo prorompente, gli accumuli di grasso su cosce, ginocchia o mento, al fine di migliorare il profilo corporeo.
L’aspirazione di questi cuscinetti adiposi, ottenuta attraverso l’utilizzo di apposite cannule, non permette il trattamento di eccessivi volumi o di aree anatomicamente troppo estese poiché durante una liposuzione non si prelevano solo adipociti, ma anche una certa quantità di liquidi interstiziali e sangue vero e proprio. Pertanto, un intervento troppo aggressivo potrebbe causare uno squilibrio idroelettrolitico particolarmente rischioso per la salute, nonché un aumentato rischio tromboembolico.
Inoltre, va sottolineato che la liposuzione agisce esclusivamente sul grasso sottocutaneo e non su quello viscerale. Ciò significa che i soggetti che hanno una componente viscerale importante non riusciranno mai con questo intervento a ottenere una pancia piatta, né riusciranno a correggere quello stato di infiammazione cronica silente che è associata proprio a questo tipo di grasso.
Chili di troppo ma non solo
Oltre alla riduzione degli accumuli adiposi, la chirurgia plastica si occupa anche del trattamento degli eccessi cutanei e cutaneo-adiposi che spesso tormentano coloro che hanno perso peso, mantengono il peso stabile, ma che non riescono a correggere specifiche aree corporee. Va detto che spesso il calo ponderale considerevole che si ottiene dopo un intervento di chirurgia bariatrica o dopo una dieta può lasciare come esito proprio questo surplus di cute, di entità variabile, poiché maggiore è la quantità di chili persi e la rapidità con cui questo obiettivo viene raggiunto, maggiore è la possibilità che la cute non retragga in maniera proporzionale alla riduzione del grasso, lasciando così l’effetto di “pelle cadente” su tronco, braccia e cosce.
Gli interventi cui si ricorre, come l’addominoplastica, la torsoplastica, il lifting delle braccia o il lifting delle cosce, consistono nell’asportazione di losanghe di cute e di tessuto sottocutaneo con l’obiettivo di spianare queste spiacevoli irregolarità della silhouette.
La chirurgia plastica, dunque, è in grado di correggere e armonizzare i contorni, agendo su accumuli localizzati di cute e grasso sottocutaneo, proponendosi come fine principale la definizione e il rimodellamento. Nel far questo certamente qualche kg di grasso verrà sacrificato ma nessun intervento di chirurgia plastica ha lo scopo di far dimagrire. Pertanto, l’obesità non è un’indicazione a tali interventi ma, anzi, rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di complicanze intra e post operatorie.
Dott. Matteo Famiglietti